(Singing) I see the moon. The moon sees me. The moon sees somebody that I don't see. God bless the moon, and God bless me. And God bless the somebody that I don't see. If I get to heaven, before you do, I'll make a hole and pull you through. And I'll write your name on every star, and that way the world won't seem so far.
(Cantando) Vedo la luna. La luna vede me. La luna vede qualcuno che io non vedo. Dio benedici la luna, e Dio benedicimi. E Dio benedici quel qualcuno che io non vedo. Se andrò in paradiso prima di te farò un buco e ti tirerò su. E scriverò il tuo nome su ogni stella, e in questo modo il mondo non sembrerà così distante.
The astronaut will not be at work today. He has called in sick. He has turned off his cell phone, his laptop, his pager, his alarm clock. There is a fat yellow cat asleep on his couch, raindrops against the window and not even the hint of coffee in the kitchen air. Everybody is in a tizzy. The engineers on the 15th floor have stopped working on their particle machine. The anti-gravity room is leaking, and even the freckled kid with glasses, whose only job is to take out the trash, is nervous, fumbles the bag, spills a banana peel and a paper cup. Nobody notices. They are too busy recalculating what this all mean for lost time. How many galaxies are we losing per second? How long before next rocket can be launched? Somewhere an electron flies off its energy cloud. A black hole has erupted. A mother finishes setting the table for dinner. A Law & Order marathon is starting. The astronaut is asleep. He has forgotten to turn off his watch, which ticks, like a metal pulse against his wrist. He does not hear it. He dreams of coral reefs and plankton. His fingers find the pillowcase's sailing masts. He turns on his side, opens his eyes at once. He thinks that scuba divers must have the most wonderful job in the world. So much water to glide through!
L'astronauta non lavorerà oggi. Si è dato malato. Ha spento il cellulare, il pc, il cercapersone, la sveglia. C'è un grasso gatto giallo che dorme sul divano, gocce di pioggia contro la finestra e neanche una traccia di caffè nell'aria della cucina. Tutti sono in agitazione. Gli ingegneri al 15° piano hanno smesso di lavorare alla macchina delle particelle. La stanza anti-gravità perde, e pure il bimbo lentigginoso con gli occhiali, che deve solo portare fuori l'immondizia, è nervoso, rovescia una buccia di banana e un bicchiere di carta. Nessuno se ne accorge. Sono troppo occupati a ricalcolare cosa comporta tutto ciò in tempo perso. Quante galassie stiamo perdendo al secondo? Tra quanto si può lanciare un altro razzo? Da qualche parte un elettrone schizza via dalla sua nube energetica. Un buco nero ha eruttato. Una madre finisce di apparecchiare per la cena. Sta cominciando una maratona di Law&Order. L'astronauta è addormentato. Ha dimenticato di spegnere l'orologio, che ticchetta, come un battito metallico contro il polso. Lui non lo sente. Sogna barriere coralline e plancton. Le sue dita trovano gli alberi maestri della federa. Si gira su un fianco, subito apre gli occhi. Pensa che i sub debbano avere il lavoro più bello al mondo. Così tanta acqua attraverso cui scivolare!
(Applause)
(Applausi)
Thank you.
Grazie.
When I was little, I could not understand the concept that you could only live one life. I don't mean this metaphorically. I mean, I literally thought that I was going to get to do everything there was to do and be everything there was to be. It was only a matter of time. And there was no limitation based on age or gender or race or even appropriate time period. I was sure that I was going to actually experience what it felt like to be a leader of the civil rights movement or a ten-year old boy living on a farm during the dust bowl or an emperor of the Tang dynasty in China. My mom says that when people asked me what I wanted to be when I grew up, my typical response was: princess-ballerina-astronaut. And what she doesn't understand is that I wasn't trying to invent some combined super profession. I was listing things I thought I was gonna get to be: a princess and a ballerina and an astronaut. and I'm pretty sure the list probably went on from there. I usually just got cut off. It was never a question of if I was gonna get to do something so much of a question of when.
Quando ero piccola, non capivo il concetto del poter vivere una vita sola. Non parlo metaforicamente. Voglio dire, pensavo letteralmente che sarei riuscita a fare tutto quel che c'era da fare e a essere tutto quel che si può essere. Era solo questione di tempo. E non c'erano limiti di età o genere o razza o anche solo un appropriato periodo di tempo. Ero sicura che avrei davvero sperimentato come ci si sente a essere il leader di un movimento per i diritti civili, o un bambino di dieci anni in una fattoria durante una tempesta di sabbia, o un imperatore cinese della dinastia Tang. Mia madre dice che quando la gente mi chiedeva cosa volevo essere da grande, la mia risposta tipica era: principessa-ballerina-astronauta. E ciò che non capisce è che non stavo cercando di inventare un qualche super mestiere combinato. Stavo elencando le cose che pensavo che sarei riuscita ad essere: una principessa e una ballerina e un'astronauta. E sono piuttosto sicura che quella lista andasse ancora avanti. Di solito mi interrompevano. Non mi chiedevo mai "se" sarei riuscita a fare qualcosa, la domanda era piuttosto "quando".
And I was sure that if I was going to do everything, that it probably meant I had to move pretty quickly, because there was a lot of stuff I needed to do. So my life was constantly in a state of rushing. I was always scared that I was falling behind. And since I grew up in New York City, as far as I could tell, rushing was pretty normal. But, as I grew up, I had this sinking realization, that I wasn't gonna get to live any more than one life. I only knew what it felt like to be a teenage girl in New York City, not a teenage boy in New Zealand, not a prom queen in Kansas. I only got to see through my lens. And it was around this time that I became obsessed with stories, because it was through stories that I was able to see through someone else's lens, however briefly or imperfectly. And I started craving hearing other people's experiences because I was so jealous that there were entire lives that I was never gonna get to live, and I wanted to hear about everything that I was missing. And by transitive property, I realized that some people were never gonna get to experience what it felt like to be a teenage girl in New York city. Which meant that they weren't gonna know what the subway ride after your first kiss feels like, or how quiet it gets when its snows. And I wanted them to know, I wanted to tell them.
Ed ero certa che, se dovevo fare tutto, probabilmente mi sarei dovuta dare una mossa, perché c'erano un sacco di cose che dovevo fare. Perciò la mia vita era sempre di corsa. Avevo sempre paura di rimanere indietro. E dato che sono cresciuta a New York, per quanto potevo saperne essere di corsa era piuttosto normale. Ma crescendo ho tristemente realizzato che non sarei riuscita a vivere niente più di una singola vita. Sapevo solo come ci si sentiva ad essere un'adolescente a New York, non un ragazzo in Nuova Zelanda, non una reginetta del ballo in Kansas. Mi era dato di vedere solo con i miei occhi. Ed è in quel periodo che le storie hanno cominciato a ossessionarmi, perché era attraverso le storie che ero in grado di vedere con gli occhi di qualcun'altro, per quanto di sfuggita o in modo imperfetto. E ho iniziato a morire dalla voglia di sentire le esperienze altrui perché ero così invidiosa che ci fossero intere vite che non avrei mai vissuto, e volevo sapere di tutto quello che mi stavo perdendo. E per proprietà transitiva, ho realizzato che alcune persone non avrebbero mai potuto provare come ci si sente a essere un'adolescente a New York. Cioè loro non avrebbero mai saputo com'è andare in metro dopo il tuo primo bacio, o come tutto diventa silenzioso quando nevica. E io volevo che lo sapessero, volevo raccontarglielo.
And this became the focus of my obsession. I busied myself telling stories and sharing stories and collecting them. And it's not until recently that I realized that I can't always rush poetry. In April for National Poetry Month, there's this challenge that many poets in the poetry community participate in, and its called the 30/30 Challenge. The idea is you write a new poem every single day for the entire month of April. And last year, I tried it for the first time and was thrilled by the efficiency at which I was able to produce poetry. But at the end of the month, I looked back at these 30 poems I had written and discovered that they were all trying to tell the same story, it had just taken me 30 tries to figure out the way that it wanted to be told. And I realized that this is probably true of other stories on an even larger scale. I have stories that I have tried to tell for years, rewriting and rewriting and constantly searching for the right words.
E questo è diventato il cuore della mia ossessione. Ho preso a raccontare storie, a condividerle, a collezionarle. Ed è solo di recente che ho realizzato che non sempre posso mettere fretta alla poesia. Ad aprile, per il National Poetry Month, c'è una competizione a cui partecipano molti membri della comunità poetica, ed è chiamata la 30/30 Challenge. L'idea è che devi scrivere una nuova poesia ogni singolo giorno per tutto il mese di aprile. L'anno scorso ho provato per la prima volta ed ero elettrizzata dall'efficienza con cui riuscivo a produrre poesie. Ma alla fine del mese ho guardato le 30 poesie che avevo scritto e ho scoperto che tentavano tutte di raccontare le stessa storia; solo che mi ci erano voluti 30 tentativi per capire come voleva essere raccontata. E ho capito che probabilmente questo vale per altre storie su una scala più larga. Ho storie che ho tentato di raccontare per anni, scrivendo e riscrivendo e cercando senza sosta le parole giuste.
There's a French poet and essayist by the name of Paul Valéry who said a poem is never finished, it is only abandoned. And this terrifies me because it implies that I could keep re-editing and rewriting forever and its up to me to decide when a poem is finished and when I can walk away from it. And this goes directly against my very obsessive nature to try to find the right answer and the perfect words and the right form. And I use poetry in my life, as a way to help me navigate and work through things. But just because I end the poem, doesn't mean that I've solved what it was I was puzzling through. I like to revisit old poetry because it shows me exactly where I was at that moment and what it was I was trying to navigate and the words that I chose to help me.
C'è un poeta e saggista francese che si chiama Paul Valéry, che disse che una poesia non è mai finita, solo abbandonata. E questo mi terrorizza, perché implica che potrei continuare a correggere e riscrivere per sempre e dipende solo da me decidere quando una poesia è finita e posso lasciarla e andarmene. E ciò va proprio contro la mia natura ossessiva di cercare di trovare la risposta giusta, le parole perfette, la giusta forma. Uso la poesia nella mia vita perché mi aiuta ad attraversare e ad analizzare le cose. Ma solo perché finisco una poesia non significa che ho risolto ciò che stavo rimuginando. Mi piace rivedere le vecchie poesie, perché mi mostrano esattamente dove mi trovavo in quel momento e che cosa cercavo di attraversare e le parole che ho scelto per aiutarmi.
Now, I have a story that I've been stumbling over for years and years and I'm not sure if I've found the perfect form, or whether this is just one attempt and I will try to rewrite it later in search of a better way to tell it. But I do know that later, when I look back I will be able to know that this is where I was at this moment and this is what I was trying to navigate, with these words, here, in this room, with you.
Ora, io ho una storia su cui ho continuato a rimuginare per anni e anni e non sono sicura di aver trovato la forma perfetta, o se questo è solo un tentativo e più tardi proverò a riscriverla cercando un modo migliore per raccontarla. Ma so che dopo, quando mi guarderò indietro saprò che qui è dove mi trovavo in questo momento e questo è ciò che tentavo di attraversare con queste parole, qui, in questa stanza con voi.
So -- Smile.
Perciò... Sorridete.
It didn't always work this way. There's a time you had to get your hands dirty. When you were in the dark, for most of it, fumbling was a given. If you needed more contrast, more saturation, darker darks and brighter brights, they called it extended development. It meant you spent longer inhaling chemicals, longer up to your wrist. It wasn't always easy. Grandpa Stewart was a Navy photographer. Young, red-faced with his sleeves rolled up, fists of fingers like fat rolls of coins, he looked like Popeye the sailor man come to life. Crooked smile, tuft of chest hair, he showed up to World War II, with a smirk and a hobby. When they asked him if he knew much about photography, he lied, learned to read Europe like a map, upside down, from the height of a fighter plane, camera snapping, eyelids flapping the darkest darks and brightest brights. He learned war like he could read his way home.
Non è sempre andata così. C'era un tempo in cui dovevate sporcarti le mani. Quando eravate al buio, in molti casi l'andare a tentoni era un dato di fatto. Se vi servivano più contrasto, più saturazione, scuri più scuri e chiari più chiari, lo chiamavano sviluppo prolungato. Significava passare più tempo a respirare sostanze chimiche fino ai polsi Non era sempre facile. Nonno Stewart era un fotografo della Marina. Giovane, viso arrossato, le maniche arrotolate, pugni con dita grosse come rotoli di monete, sembrava Braccio di Ferro fatto uomo. Sorriso sbilenco, ciuffo di peli sul petto, si presentò alla Seconda guerra mondiale con un sorrisetto e un hobby. Quando gli chiesero se se ne intendeva di fotografia, mentì, imparò a leggere l'Europa come una mappa, dall'alto in basso, dall'altezza di un aereo da combattimento, scatto della macchina, battito di ciglia, gli scuri più scuri e i chiari più chiari. Imparò la guerra come poté leggere il suo ritorno a casa.
When other men returned, they would put their weapons out to rest, but he brought the lenses and the cameras home with him. Opened a shop, turned it into a family affair. My father was born into this world of black and white. His basketball hands learned the tiny clicks and slides of lens into frame, film into camera, chemical into plastic bin. His father knew the equipment but not the art. He knew the darks but not the brights. My father learned the magic, spent his time following light. Once he traveled across the country to follow a forest fire, hunted it with his camera for a week. "Follow the light," he said. "Follow the light."
Quando altri uomini tornavano, mettevano le loro armi a riposo, ma lui portò a casa le sue lenti e le sue macchine. Aprì un negozio, lo trasformò nell'attività di famiglia. Mio padre è nato in questo mondo in bianco e nero. Le sue mani fatte per il basket hanno imparato gli scatti e lo slittare delle lenti nella cornice, della pellicola nella macchina e dei prodotti chimici nel bidone. Suo padre conosceva l'attrezzatura ma non l'arte. Conosceva gli scuri ma non i chiari. Mio padre imparò la magia, passò il suo tempo a seguire la luce. Una volta ha viaggiato attraverso il paese per seguire un incendio boschivo, dandogli la caccia con la macchina fotografica per una settimana. "Segui la luce", diceva. "Segui la luce."
There are parts of me I only recognize from photographs. The loft on Wooster Street with the creaky hallways, the twelve-foot ceilings, white walls and cold floors. This was my mother's home, before she was mother. Before she was wife, she was artist. And the only two rooms in the house, with walls that reached all the way up to the ceiling, and doors that opened and closed, were the bathroom and the darkroom. The darkroom she built herself, with custom-made stainless steel sinks, an 8x10 bed enlarger that moved up and down by a giant hand crank, a bank of color-balanced lights, a white glass wall for viewing prints, a drying rack that moved in and out from the wall. My mother built herself a darkroom. Made it her home. Fell in love with a man with basketball hands, with the way he looked at light.
Ci sono parti di me che riconosco solo in fotografia. Il loft in Wooster Street con i corridoi scricchiolanti, il soffitto a 3,5 metri, muri bianchi e pavimenti freddi. Era casa di mia madre, prima che fosse mia madre. Prima di essere moglie, era un'artista. E le uniche due stanze della casa con i muri che arrivavano fino al soffitto e porte che si aprivano e chiudevano erano il bagno e la camera oscura. La camera oscura l'aveva costruita lei, con lavelli d'acciaio fatti su misura, un ingranditore 8x10 che andava su e giù grazie a un'enorme manovella, luci per il bilanciamento cromatico, una parete di vetro bianco per le stampe, uno stendino che si poteva estrarre dal muro. Mia madre costruì la camera oscura da sola. Ne fece la sua casa. Si innamorò di un uomo con mani da basket, del modo in cui guardava la luce.
They got married. Had a baby. Moved to a house near a park. But they kept the loft on Wooster Street for birthday parties and treasure hunts. The baby tipped the grayscale, filled her parents' photo albums with red balloons and yellow icing. The baby grew into a girl without freckles, with a crooked smile, who didn’t understand why her friends did not have darkrooms in their houses, who never saw her parents kiss, who never saw them hold hands.
Si sposarono. Ebbero una bimba. Traslocarono vicino al parco. Ma tennero il loft in Wooster Street per le feste di compleanno e la caccia al tesoro. La bimba inclinò la scala di grigi, riempì gli album dei suoi con palloncini rossi e glassa gialla. La bimba diventò una ragazza senza lentiggini, con un sorriso sbilenco, che non capiva perché i suoi amici non avessero camere oscure a casa, che non vedeva mai i suoi baciarsi, che non li vedeva mai tenersi per mano.
But one day, another baby showed up. This one with perfect straight hair and bubble gum cheeks. They named him sweet potato. When he laughed, he laughed so loudly he scared the pigeons on the fire escape And the four of them lived in that house near the park. The girl with no freckles, the sweet potato boy, the basketball father and darkroom mother and they lit their candles and said their prayers, and the corners of the photographs curled.
Ma un giorno, arrivò un altro bebè. Con capelli perfettamente lisci e guance di gomma da masticare. Lo chiamarono patata dolce. Quando rideva, rideva così forte da spaventare i piccioni sulla scala anti-incendio. E loro quattro vivevano nella casa vicino al parco. La ragazza senza lentiggini, il bambino patata dolce, il padre basket e la madre camera oscura. E accendevano candele e recitavano le loro preghiere, e gli angoli delle fotografie si arricciavano.
One day, some towers fell. And the house near the park became a house under ash, so they escaped in backpacks, on bicycles to darkrooms But the loft of Wooster Street was built for an artist, not a family of pigeons, and walls that do not reach the ceiling do not hold in the yelling and the man with basketball hands put his weapons out to rest. He could not fight this war, and no maps pointed home. His hands no longer fit his camera, no longer fit his wife's, no longer fit his body. The sweet potato boy mashed his fists into his mouth until he had nothing more to say.
Un giorno, delle torri caddero. E la casa vicino al parco divenne una casa sotto la cenere, così fuggirono con gli zaini, sulle bici, in camere oscure. Ma il loft in Wooster Street era fatto per un artista non per una famiglia di piccioni, e i muri che non raggiungevano il soffitto non trattenevano le urla, e l'uomo con le mani da basket mise via le sue armi. Non poteva combattere questa guerra, e nessuna mappa portava a casa. Le sue mani non conoscevano più la macchina fotografica, le mani di sua moglie, il suo stesso corpo. Il bambino patata dolce si schiacciò i pugni in bocca finché non ebbe più nulla da dire.
So, the girl without freckles went treasure hunting on her own. And on Wooster Street, in a building with the creaky hallways and the loft with the 12-foot ceilings and the darkroom with too many sinks under the color-balanced lights, she found a note, tacked to the wall with a thumb-tack, left over from a time before towers, from the time before babies. And the note said: "A guy sure loves the girl who works in the darkroom." It was a year before my father picked up a camera again. His first time out, he followed the Christmas lights, dotting their way through New York City's trees, tiny dots of light, blinking out at him from out of the darkest darks.
Così la ragazza senza lentiggini andò a caccia del tesoro da sola. E in Wooster Street, in un edificio con i corridoi scricchiolanti e il loft con soffitti alti 3,5 metri e la camera oscura con troppi lavelli, sotto le luci di bilanciamento cromatico trovò un biglietto fissato al muro con una puntina, rimasuglio di un tempo prima delle torri, di un tempo prima dei bambini. E il biglietto diceva: "Un ragazzo ama di certo la ragazza nella camera oscura." Era un anno prima che mio padre prendesse di nuovo una macchina fotografica. Alla sua prima uscita, seguì le luci di Natale che punteggiavano gli alberi di New York, puntolini di luce che occhieggiavano verso di lui dal più scuro degli scuri.
A year later he traveled across the country to follow a forest fire stayed for a week hunting it with his camera, it was ravaging the West Coast eating 18-wheeler trucks in its stride. On the other side of the country, I went to class and wrote a poem in the margins of my notebook. We have both learned the art of capture. Maybe we are learning the art of embracing. Maybe we are learning the art of letting go.
Un anno dopo viaggiava attraverso il paese per seguire un incendio boschivo. Per una settimana lo seguì con la sua macchina fotografica: stava distruggendo la West Coast, divorando auto-snodati al suo passaggio. Dall'altra parte del paese, io andai a lezione e scrissi una poesia sui bordi del mio quaderno. Abbiamo entrambi imparato l'arte del catturare. Forse stiamo imparando l'arte dell'abbracciare. Forse stiamo imparare l'arte del lasciar andare.
(Applause)
(Applausi)